Lives

— English version on top, Italian below

It is a bit naive to think that life was harder (it is generally true, of course) 100 years ago, and thus the most common emotional and physical conditions of people living back then were fatigue, despair, and darkness.

The pressures of life 50-70-100 years ago were very different from what we experience in our time, just as the emotional and physical pressure and fatigue that come from doing manual labor (say, moving furniture) is different from the stress of a well-paid white-collar job. Naively, one might assume that manual, back-breaking work is significantly more stressful than a professional job carried out in an air-conditioned room. From a physical, chronic body-strain perspective, this is true. The white-collar professional, say a worker in tech, can also make (in the US) 2-3 times to 10 times (and more) than a non-specialized blue-collar worker. As we know, more money in hand never made a single life worse.

But I've been around blue-collar and professional environments my whole life, and anecdotally, white-collar workers are much more stressed than blue-collar workers, more frequently in emotional distress, and almost always in-between challenging work issues. And envy and constant comparisons that seemed to be endemic in, say, the tech world and not much in the blue-collar world, do more damage than one imagines. There may be a former colleague who used to be one among the many and now has the title of vice president, another who invested in cryptocurrency when it sounded like crazy talk and earned a fortune, yet another who took home a few million dollars when the start-up company he worked for and on which nobody would have bet was acquired by a tech giant. Envy has ruined more than one existence.

I, a tech professional who is well paid and has no health problems, should be much happier on paper—more relaxed, satisfied, enthusiastic—than a worker moving boxes up and down with a forklift. I should be more enthusiastic toward life than I was when I had much less money, a less comfortable life, less leisure time, and fewer professional and personal opportunities. More ambitious now than when I had a financially uncertain future ahead.

Why am I not, then? Is it because, when one is distracted, "more money, more opportunities, more problems"? Is it because years ago I had the enthusiasm and arrogance of youth, and now the more careful and cynical pace of those who know they have more to lose? Is it because I had that lightheartedness that perhaps those in less intellectually demanding jobs have had fewer opportunities to lose over time?

I lived all of my youth with my grandparents: born before World War II, modest families to be generous, all their lives working in the fields picking up vegetables, driving trucks, assembling furniture. However, I saw very few emotional issues (overt, at least), perhaps because they were born and raised in an environment that didn't let them dream much and thus didn't favor disappointment later on. A wife or husband who "just needs to be a good person and work a steady job", a day at the beach that was an event they talked about for months, if not years. No “fear of missing out” because there was little to be missed.

There was little envy because in the end relatives and friends all lived the same life and the serious problems were those coming from poor health, not the neighbor making ten dollars more a year. Work ended at five or six in the afternoon, and they would arrive home tired, but they would think about work only the next morning. Dinner and lunch were homemade, and what was on the table was more or less the same every day—no ethnic cuisine, no delivery back then. During the weekend, they did the housework and visited relatives or friends. Once in a while, they had ice cream. Or a dancing night.

Would I trade my life for theirs? I wouldn't; I like to have opportunities, and I have a lot more ambition than my grandparents. But, would they have traded theirs for mine? I don’t think so.
I asked my grandfather some time ago, "Would you like to take a plane once in your life ?'' He replied he was not interested. Maybe that's part of the explanation.

-----Italiano-------

È un po' ingenuo pensare che la vita fosse più dura (è vero in generale, naturalmente) 100 anni fa, e che quindi le condizioni emotive e fisiche più comuni fra quelli che vivevano al tempo fossero la fatica, la disperazione e il buio.

Le pressioni della vita di 50-70-100 anni fa erano molto diverse da quelle che viviamo nel nostro tempo, proprio come la pressione emotiva e fisica e la fatica che derivano dal fare un lavoro manuale (spostare mobili, mettiamo) sono diverse dallo stress di un lavoro ben pagato da professionisti. Senza rifletterci troppo, si potrebbe supporre che il lavoro manuale e spacca-schiena sia più decisamente stressante di un lavoro da scrivania. Da un punto di vista fisico, di stress cronico del corpo, questo è certamente vero: una postura sbagliata può nel tempo danneggiare la schiena, ma un frigorifero mal sollevato ha conseguenze ben più serie e rapide. Per di più, il professionista da ufficio, diciamo un lavoratore nel settore tecnologico, può guadagnare (negli Stati Uniti) da 2-3 volte a 10 volte (e più) di un operaio non specializzato. E come sappiamo, più soldi in mano non hanno mai peggiorato la vita.

Ma ho frequentato operai e ambienti di professionisti per tutta la mia vita, e aneddoticamente almeno, ho visto i colletti bianchi essere più stressati degli operai, li ho trovati più frequentemente in sofferenza emotiva, e visti quasi sempre in mezzo a problemi di lavoro angoscianti. E l'invidia e i paragoni costanti che sembravano essere endemici, per esempio, tra chi lavora nel tecnologico e molto meno nel mondo operaio, fanno più danni di quanto si immagini. C'è l'ex collega che era visto come uno dei tanti scalzacani e che ora ha il titolo di vicepresidente e una foto di profilo con l’orologio in vista, un altro che ha investito in crypto-valute quando sembrava un investimento folle e guadagnato una fortuna, un altro ancora che ha portato a casa qualche milione di dollari quando è stata acquisita la start-up per cui lavorava e su cui nessuno avrebbe scommesso. Invidie e paragoni che hanno rovinato più di un'esistenza.

Io, un professionista della tecnologia ben pagato e senza problemi di salute, dovrei essere sulla carta molto più felice —o più rilassato, soddisfatto, entusiasta—di un operaio che sposta cartoni avanti e indietro con un muletto. Dovrei essere più entusiasta verso la vita di quando avevo molti meno soldi, una vita meno comoda, meno tempo libero e meno opportunità professionali e personali, e un futuro economicamente incerto davanti a me.

Perché non lo sono allora? È forse perché, quando ci si distrae, "più soldi, più opportunità, più problemi"? È perché anni fa possedevo l'entusiasmo e l'arroganza della gioventù e ora invece il passo più attento e cinico di chi sa di avere più da perdere? È perché avevo quella spensieratezza che forse chi ha un lavoro meno impegnativo dal punto di vista intellettuale ha avuto meno opportunità di perdere con gli anni?

Ho vissuto tutta la mia giovinezza con i miei nonni: nati prima della seconda guerra mondiale, famiglie modeste a voler essere generosi, tutta la vita a lavorare nei campi, a guidare camion, a montare mobili. Eppure, ho visto in loro pochissimi problemi emotivi ( manifesti, almeno), forse perché sono nati e cresciuti in un ambiente che non ha permesso loro di sognare molto e quindi non ha favorito le delusioni in seguito. Non c’era l’angoscia di perdersi qualcosa, perché in giro c’era poco. Una moglie o un marito che "deve solo essere una brava persona e avere un lavoro sicuro", una giornata al mare che era un evento di cui parlavano per mesi se non per anni. C'era poca invidia perché alla fine parenti e amici facevano tutti la stessa vita e i problemi seri erano quelli che venivano dalla cattiva salute, non certo un vicino che guadagnava qualcosa in più. Il lavoro finiva alle cinque o sei del pomeriggio e si arrivava a casa stanchi, ma non si pensava a sgobbare fino alla mattina dopo. La cena e il pranzo erano preparati in casa e bene o male i piatti erano sempre quelli—niente cucina etnica e nemmeno consegna a domicilio. Nel fine settimana si facevano i lavori domestici e si andavano a trovare i parenti o gli amici. Ogni tanto si mangiava un gelato. O si andava a una serata danzante.

Scambierei la mia vita con la loro? Non lo farei; mi piace avere delle opportunità e ho molte più ambizioni di quante ne avevano. Ma loro l’avrebbero scambiata con la mia? Non penso.
Qualche tempo fa chiesi a mio nonno: "Ti piacerebbe prendere un aereo una volta nella vita? Mi ha risposto che non gli interessava. Forse questa è parte della spiegazione.